IL CANE PASTORE TURKMENO
sikurt - sicurezza abitativa anticrimine
 
13/07/2014 - SICILIA: ...terra di mare, di sole e di grandi guardiani!



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IL TURKMENO - www.pastoredellasiacentrale.com - 349 33 35 668.

Ogni volta che mi reco al Sud, mi rendo conto di provare una tale attrazione per quella terra che a volte, penso addirittura di avere laggiù le mie radici, nonostante non conosca antenati che provenissero da quei luoghi. Qualcuno sostiene che il mio cognome “Romano” non può essere piemontese, io non saprei cosa dire, tranne che i miei parenti nacquero tutti in provincia di Cuneo, fino alla quanta generazione. In ogni caso, quando si presenta l'occasione di partire per il Sud lo faccio sempre molto volentieri ed al momento del rientro, mi rammarico di non poterci restare ancora. Poi, in particolar modo per la Sicilia, credo di provare una reale passione, visto che non bastò una bruttissima esperienza che ebbi da giovane per riuscire a farmela prendere in disgrazia, anzi, continuo ad amarla come ci fossi nato.

 

Avevo poco più di 25 anni e mi sentivo già un imprenditore rampante, lavoravo sette giorni su sette ed il mio conto corrente riportava cifre importanti, nonostante provenissi da una famiglia povera e fossi partito da zero. Iniziai una collaborazione con una società del centro Italia, dove conobbi un siciliano, ex-giocatore professionista di calcio ormai in pensione. Allora era ancora presente in me quell'ingenuità di un giovane che si sente forte e pensa di avere il mondo in mano, non avrei mai pensato di poter cadere vittima di un tale raggiro, fra l'altro architettato da chi avrebbe dovuto invece possedere i requisiti morali di chi ha dedicato al sua vita allo sport. Ero uno sportivo anch’io e pensai di credere in un'amicizia che invece mi portò alla rovina. Subii una truffa devastante ad opera di questo maldestro personaggio, in accordo con altri suoi conterranei, mi trovai in mezzo ad una strada e fui costretto a lasciare la famiglia ed andarmene per sempre dalla mia città in cerca di fortuna. La mia compagna, oggi moglie ed io, ci trovammo in mezzo ad una strada, fu molto dura, ma riuscii a rialzarmi, anzi, ritornai meglio di prima ed ovviamente meno ingenuo, ma non passa ancora un giorno che non pensi a quei periodi neri della mia vita e a quelle persone che scambiarono la mia sincera amicizia con un terribile inganno. Eppure, nonostante tutto, amo da sempre la Sicilia ed i siciliani, fin da quando ebbi i primi amici fra i figli di molti emigrati che arrivarono in Piemonte circa cinquant'anni fa per cavalcare lo sviluppo della FIAT. 

 

Ogni volta che mi tocca portare un cane al Sud, devo ovviamente affrontare varie difficoltà logistiche che potrei evitare ma, anche se oggi non ho più la necessità di vendere i miei cani così lontano per vivere, lo faccio sempre con il grande piacere di ritornare in una terra dove mi sento quasi di casa e la gente mi accoglie con rara ospitalità.

 

 

Il primo cane che vendetti nel "Regno di Trinacria" risale ormai a parecchi anni fa e non fui io a portarlo a destinazione, bensì venne da me un avvocato messinese che viaggiò in nave per venire a conoscere i miei cani a Peveragno e portarsi a casa un buon cucciolone di circa 8 mesi. Poi ci accorgemmo che aveva problemi all'udito, io non avevo mai conosciuto prima di allora soggetti sordi, quindi non sapevo come riconoscerli, tanto più che lui, vivendo con altri compagni di branco, non aveva mai messo in evidenza questo suo disagio. Da allora, faccio sempre ad ogni cucciolo uno specifico test, anche se fu un caso isolato e non mi risulta sia una patologia tipica della razza. Oggi, questo professionista è un amico e vi allego cosa scrisse lui stesso in uno dei miei libri:

 

Il suo nome era Chen, maschio di 8 mesi. Me lo propose uno strano tizio, tale Ezio Maria Romano, che rintracciai casualmente perché incuriosito da quanto appreso via Internet sulla sconosciuta razza dei pastori dell’Asia centrale.

Avevo bisogno di una cane “naturalmente” da guardia per munire una villa solitaria sullo Stretto di Messina ove avevo deciso di abitare con una giovane compagna molto “cittadina” ed apprensiva. Mi fidai del “ruvido” allevatore come un pellerossa si fida di un suo simile: d’istinto. Sicché mi imbarcai a Palermo verso Genova, donde giungere a Peveragno, in quel di Cuneo.

Vidi due capostipiti dell’allevamento e restai impressionato. Accettai la proposta di Romano e partii con Chen per raggiungere Messina, questa volta via autostrada. Non indugio sulle apprensioni della mia compagna in auto con un cane sconosciuto e già di 40 chili. Né mi soffermo sulle peripezie emotive e psichiche affrontate per rassicurare, via via, la passeggera e prendere le misure al mio ospite. Basti dire che dovetti ricorrere a tutto il mio orgoglio e a tutta l’esperienza pluridecennale con cani da guardia. Mi convinsi della vantaggiosità dell’acquisto quando, già durante una breve pausa notturna, in un area di servizio autostradale sentii, steso sul sedile, un misurato ringhio di Chen: le ombre di due persone avevano sfiorato l’auto! Giunto in villa a Messina, scoprii le mirabilie del cane. Sebbene poco più di un cucciolo, Chen tenne subito testa alla mia Dobermann di 5 anni, che là mi aspettava e che tentò ini-zialmente di far valere la sua anzianità di età e di signoria sul luogo. Nulla da fare: finì, dopo drammatici duelli rusticani, con la cagna relegata a distanza di 10 metri dall’ingresso e comun-que da me. Furono drammi, ma anche macchiette perché, ad esempio, questo gran figlio di buona madre si divertiva a porre, ad eguale distanza tra lui e la cagna, un pezzo di carne che le aveva strappato di bocca. Non lo mangiava, infatti, ma preferiva usarlo come esca per la Dobermann: appena la vedeva approssimarsi al ghiotto richiamo, le saltava addosso e la rimandava al suo nuovo posto di gregaria. Ciò, già nelle prime ventiquattrore. Scoprii pure che, sebbene affamato, Chen lasciava qualunque leccornia al minimo segnale d’allarme e si precipitava là donde proveniva. Mi innamorai di Chen. E se ne innamorò anche la mia compagna, che era passata, nell’arco di due giorni, da una vibrante inquietudine al magico senso di sicurezza che quel cane le infondeva. Gli mutammo nome: non poteva che meritare ZAR.

Restituii Zar dopo quindici giorni! Scoprimmo ch’era purtroppo parzialmente sordo! Dolorosissima fu la scelta di disfarcene; ma inevitabile, perché un’ampia villa impedisce a un cane sordo di cogliere presenze notturne nel capo opposto a quello ove si trova. Romano manifestò la sua mortificazione appena ricevuta la mia telefonata e si dichiarò pronto a fornirmi un cucciolo da affiancare al “sordo”, a mo’ di campanello d’allarme. Preferii rifare all’incontrario il tragitto che aveva condotto Zar in riva allo Stretto. Mi imbarcai, perciò, nuovamente a Palermo per Genova e giunsi finalmente alla restituzione.  Anche quel viaggio in mare col cane sarebbe materia di racconto. Basti un solo episodio: rinchiusi inevitabilmente Zar in una grande gabbia entro un apposito locale della nave e andai a dormire in cabina. L’indomani, mi premurai a salutarlo e mi accorsi che non era più in gabbia. Sudai di sudore panico, anche perché erano bastati i quindici giorni di convivenza per rendere il cane un intransigente difensore e un molto suscettibile osservatore. Volai in coperta, ove avevo prima visto alcuni bambini passeggiare coi genitori e sbattei i miei confusi occhi in Zar seduto impassibile accanto alla panchina ov’era stato con me e la mia compagna la sera prima. Intorno, bambini saltellanti e genitori tranquilli perché rassicurati dal quel simpatico, per loro “San Bernardo”.

Può ben comprendersi, perciò, il mio istinto, giunto a Genova, a non sbarcare e a restituire Zar a me e allo Stretto. Resistetti, ma resta indelebile il segno di quel conflitto interiore.

Il mio fido “pellerossa” Romano, prese in consegna Zar e mi propose due cuccioli di nemmeno due mesi. Mi disse: “Avvocato, sono esemplari adatti alle sue esigenze di guardia e difesa. Le sto proponendo soggetti che matureranno spiccatissima attitudine in tal senso; e lo faccio perché ormai consapevole, per la sua condotta con Zar, che lei ha la giusta attitudine”.

Non mi bastò; e chiesi di vedere gli altri membri della cucciolata. Fece arrivare quattro cuccioli, uno più bello dell’altro; tutti il doppio dei primi due. Ma anche questo volta mi fidai e tornai a Messina (senza nulla pagare) con uno dei due cuccioli propostimi. Decidemmo subito di chiamarlo nuovamente ZAR.

Molte pagine occorrerebbero per esporre ciò che ho scoperto di Zar e della sua razza in questi 6 anni di vita con lui. Mi limiterò ad accenni e farò pure un richiamo letterario, riferentesi – credo – ai pastori dell’Asia centrale.

Ad appena sei mesi, Zar, legato ad un albero davanti al locale ove mi tagliavano i capelli, inchiodò il suo canino nella mano di un giovane che si permise di infastidirlo, vedendolo cucciolo e desolato. Per nulla sordo, Zar abbandonava il cibo appena sentiva lontanissimi rumori, lanciandosi come una freccia lungo il centinaio di metri che separa l’ingresso della villa dal cancello che racchiude il parco. Tanto attento guardiano e tanto scattante difensore (sin da cucciolone) quanto dolcissimo e remissivo con me e la mia compagna.

 

 

Tutto naturalmente, congenitamente, senza mia guida e, meno che mai, addestramento. Devo ammettere che in nessuno dei sette Dobermann avuti nella vita mia ho mai colto queste doti.

Intransigente con tutti gli sconosciuti ed anche coi parenti in visita, inclusi i bambini, Zar mi impressionò quando, approsimatogli il figlio frattanto natomi e celatogli per tre mesi, tentò di leccarlo e guaì per il desiderio di accostarglisi. Un fatto inspiegabile, un miracolo!

Aggrediva potentemente chi gli giungeva a tiro con frapposto un cancello, staccandogli violentemente il randello che avevo suggerito (per esperimento) gli venisse battuto contro. Dopo la sfuriata, si sedeva al mio fianco e consentiva allo sconosciuto di intrattenersi con me (sempre con frapposto il cancello), purché egli stesse immobile. Ad ogni movimento, però, saltava verso lo sconosciuto con un’agilità impressionante.

 

 

Non bastava, per ammansirlo, un reiterato incontro con le persone. Manifestava meno acredine (per così dire), ma manteneva l’allerta. Ne fu drammatica prova un episodio ch’ebbe per protagonista mia madre, occasionalmente ospite in casa, giusto per compagnia alla mia giovane puerpera ed assistenza al neonato. Avvenne che, una notte ella, dimenticando la presenza di Zar intorno alla casa, aprì un uscio e, senza avvedersi del sopraggiunto cane, agitò un panno per togliergli la polvere. Io e la mia compagna (frattanto nuova moglie) non sentimmo abbaiare, ma soltanto un altissimo grido di dolore. Mi precipitai all’altro capo della casa e vidi mia madre a terra nella stanza, con la mano insanguinata e Zar seduto vicino a lei, immobile ad osservarla. Non sono queste le pagine ove descrivere quel che avvenne nei nostri cuori e nella nostra mente. Conta invece riferire la constatazione che feci, subito dopo aver lanciato Zar fuori di casa: aveva difeso se stesso e la casa da quella mano di persona sconosciuta, ma non aveva infierito, essendosi limitato, una volta resala inoffensiva, a vigilare accanto ad essa.

Qui sovviene, per somiglianza con l’episodio, un brano recentemente letto in un libro che narra di avventure di un giovane esoterista nelle lande pastorali dell’Afganistan del primo ventennio del XX secolo, colà giuntovi alla ricerca di mitiche verità. Si tratta di “Incontri con uomini straordinari” di Georges I. Gurdjieff (Adelphi, 1999). Nella pagina 141 e successive, si legge:

“Improvvisamente, uscito da non si sa dove, spuntò un cane, poi un altro, poi un terzo, un quarto, fino a quindici cani da pastore e tutti ad abbaiare contro di noi. Il mio amico ebbe l’imprudenza di tirare loro una pietra, ed essi ci si gettarono addosso. Erano cani da pastore curdi, molto cattivi. Ancora un momento e ci avrebbero fatto a pezzi, se io non avessi istintivamente dato uno strattone al mio amico per costringerlo ad accovacciarsi con me in mezzo alla strada. Non appena ci fummo seduti, i cani smisero di abbaiare e di avventarsi contro di noi. Ci circondarono e si accovacciarono a loro volta.. Trascorse un certo lasso di tempo prima che ci riprendessimo dallo spavento. E quando finalmente ci rendemmo conto della nostra situazione, improvvisamente scoppiammo a ridere a crepapelle. Finché rimanemmo seduti, i cani restarono a terra, tranquilli e pacifici; mangiarono addirittura con grande piacere il pane che buttammo loro, e che avevamo tirato fuori dalle nostre sacche delle provviste. Alcuni di essi arrivarono perfino a scodinzolare in segno di ringraziamento. Ma non appena accennammo ad alzarci, rassicurati dal loro comportamento benevolo … - macché ! niente da fare ! - essi si rizzarono subito sulle zampe e ci mostrarono le zanne, pronti a balzarci addosso: fummo costretti a sederci di nuovo. Al nostro secondo tentativo, la loro aggressività diventò tale che non ci arrischiammo a provare una terza volta. Restammo in questa situazione per circa tre ore e Dio sa quanto tempo essa sarebbe durata se, per fortuna, una ragazza curda che raccoglieva kizowk nei prati non fosse apparsa in lontananza col suo asino. Essa si avvicinò e, vedendo di che cosa si trattava, andò a cercare i pastori cui appartenevano i cani, che stavano non lontano da lì, dietro una montagnetta. I pastori vennero e chiamarono i cani. Ma soltanto quando questi furono ormai lontani ci decidemmo ad alzarci: quelle canaglie, andando via, si giravano ogni momento per sorvegliarci”.

Come si vede, anche quei cani, presumibilmente pastori dell’Asia centrale, mostravano la stessa peculiarità di Zar: aggressivi e intransigenti difensori e guardiani del territorio, ma non stupidamente feroci e sanguinari, appunto come Zar.

Non ho mai avuto un compagno così sensibile e fiero, né mai così affidabile e a me affidato.

Da tre anni ho lasciato la solitaria villa sullo Stretto per vivere nel Centro di Messina, più consono ad un nucleo familiare comprendente un bambino. Giornalmente patisco l’intimo do-lore di non poter convivere con Zar, relegato in un grande recinto fiancheggiante la villa. Vado a portargli carne più volte la settimana, lasciandogli per il resto una quantità di pane appena sufficiente. Zar vive isolato e solo. Finora non si è minimamente ridotto il suo granitico equilibrio, né la sua affettuosissima remissività verso me. Trovo di tanto in tanto grandi topi e colombi ed altri uccelli (!?) uccisi da Zar. Sogno di averlo con me quando farò l’ultima “danza dello stregone” fuori dal tempo e dallo spazio. Prima di quel momento auspico di trascorrere qualche residuo anno della mia vita strettamente a lui o ad un suo discendente.

 

 

Da quel giorno, furono parecchi i cani che partirono dal mio allevamento per la Sicilia, alcuni consegnati da me a domicilio e altri ritirati personalmente a Peveragno dai futuri proprietari, dopo lunghe giornate di viaggio. Ecco perché mi viene naturalmente da sorridere quando qualcuno che abita a poche centinaia di chilometri da me, mi "accusa" di essere troppo lontano per visitarmi di persona. Anche l’Asia centrale è molto lontana, ma è la patria di cani da pastore unici al mondo!

 

 

I siciliani sono solitamente dei clienti molto ambiziosi, vogliono il meglio della cucciolata, specialmente in tema di carattere, ho appena portato a Catania una coppia di miei cuccioli provenienti dalle miei migliori linee di sangue che dovranno fare la guardia in una villa con ampio giardino.

 

 

Rimangono sempre molto affascinati dai miei animali rustici e coraggiosi, forse perché posseggono un temperamento molto simile al loro ed apprezzano la "gelosia" che sanno maturare nei confronti della proprietà e della famiglia che li detiene.

 

Non sempre mi risulta però facile trasmettere a tutti il concetto di “idoneo sistema di crescita". Il cane da pastore è un animale molto sensibile e manifesta alcune specifiche esigenze che possono influire molto sul suo sviluppo caratteriale.

 

 

Ad esempio, la sua estrema territorialità lo induce a voler essere lui il capo di tutti gli animali che vivono nell’area che custodisce, se verrà invece segregato per lunghi periodi in un piccolo recinto, sarà molto difficile che lui potrà maturare completamente il suo forte carattere di guardiano, anzi cadrà sicuramente in un graduale, ma progressivo, stato di depressione. La stessa cosa accadrà se, solo per l’indolenza di chiuderlo ogni volta che vengono ospiti, si lascerà legato perennemente ad una catena fissata in un angolo del giardino, magari in presenza di altri cani più deboli e di rango sociale inferiore liberi di spaziare nella proprietà. Già solo questi errori possono far scemare il carattere di un buon cane da guardia almeno del 30-40%.

 

 

Se poi non avendo capito bene che la genetica dei miei cani è simile a quelli aborigeni che lavorano REALMENTE con le pecore in Asia centrale e si vorrà invece farli ingrossare pari ad altri di nuova generazione e geneticamente modificati, fornendo così doppie razioni di cibo, si otterranno probabilmente animali più “spessi”, ma privi di quella vitalità che potrebbero manifestare se nutriti a dovere.

Come se ad un cane che manifesta forte carattere gli si manderà contro ogni amico che visita la casa, magari munito di bastone, per testare il suo temperamento. Si otterrà presto un cane mortificato nei suoi istinti e privo di reazioni. La stessa cosa se tutti i parenti, i vicini di casa, gli amici di famiglia, etc., vorranno dare una carezza al cucciolo nei primi giorni dal suo arrivo.

 

 

Sono molti gli accorgimenti che vanno adottati quando si adotta un cucciolo di cane da pastore selezionato per la guardia e non basta solo la genetica per ottenere gli stessi risultati che si vedono negli animali presenti nel mio allevamento.

 

Il cane da guardia va considerato al pari di un atleta che per offrire il meglio delle sue prestazioni, deve mantenere un tenore di vita sano e conforme ai suoi istinti primari. Non esiste giorno che io non rifletta se posso ancora migliorare in qualche modo la detenzione dei miei animali.

 

 

Un cane rinchiuso tutta la vita in un recinto di pochi metri quadri, anche se liberato qualche ora al giorno, è pari ad un carcerato, senza però che lui debba scontare pene per quanto commesso. Quali prestazioni si potranno mai pretendere da un animale che si sente ingiustamente recluso? Il minimo di libertà che dev’essere regalata ogni giorno ad un cane da pastore selezionato per la guardia, è almeno quello di lasciarlo tutta la notte in giardino con la possibilità di muoversi in ogni anfratto del suo territorio.

 

 

Anche il rapporto che il padrone instaura con il cucciolo è fondamentale per la crescita di un guardiano forte ed equilibrato. Se si crede di insegnargli l’educazione con il manico della scopa, sarà molto difficile che si otterrà un cane impavido e predisposto ad un buon rapporto con i famigliari, si otterrà invece un animale esageratamente sottomesso e timoroso di chi gli fornisce il cibo o viceversa pronto ad aggredire il suo padrone, non appena la sua maturità gli permetterà di ribellarsi.

 

Il metodo in cui si cresce un cucciolo è assolutamente fondamentale per i risultati che si andranno ad ottenere quando lui diventerà adulto. Non è necessario essere degli esperti cinofili per assicurarsi un futuro guardiano capace di proteggere la famiglia, anzi, spesso è preferibile non aver mai avuto cani, ma seguire con sistema e senza troppe trasgressioni le poche cose che io prescrivo al momento della consegna.

 

 

Nel filmato allegato qui sotto vedrete alcuni dei cani da guardia che sono giunti da cuccioli anni fa in Sicilia, vi posso assicurare che certi sono diventati molto forti, ma altri potrebbero essere assolutamente migliori. In alcuni casi ho provato reale entusiasmo per come i miei soggetti abbiano maturato le loro spontanee doti di guardiani, grazie ad una corretta gestione, ma ho anche avvertito un po’ di malinconica delusione nel vederne altri che da cuccioli si manifestavano dei veri “fuoriclasse”, oggi non offrire di più di tanto a causa di una detenzione poco conforme alla loro natura di fieri, ma altrettanto sensibili, animali da guardia.

 

 

Con questo, non voglio certamente generalizzare sul comportamento di tutti i proprietari dei miei cani che ho ceduto fino ad oggi al Sud, ne conosco addirittura di esageratamente premurosi, ma intendo senza dubbi invitarne alcuni che mi leggeranno in questo articolo, ad una profonda riflessione se è realmente stato fatto fin ora il meglio per il benessere degli animali che posseggono. Come consiglio ad altri di partecipare quanto prima ad una sessione del mio Corso Base sul Cane da Guardia per assimilare meglio alcuni particolari utili alla gestione del cane da guardia che posseggono in giardino.

 

Ho trascorso in Sicilia tre giorni molto gradevoli, in compagnia di amici appena conosciuti ed altri che ho rincontrato con piacere, laggiù la vita è fortunatamente meno frenetica di questa del Nord e la gente può ancora fermarsi un'ora per parlare di cani. Come sempre, il cibo è stato fin troppo squisito ed il clima assolutamente mite. Ho inoltre percepito che l'interesse per i veri cani da guardia sta crescendo molto, come anche la voglia di assimilare alcuni concetti di cinofilia reale, credo quindi che ci sarà presto, anche in questa regione, un ottimo sviluppo della nostra FICG - Federazione Italiana Cani da Guardia.

 

Cliccare QUI per visionare il Filmato.

 

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