IL CANE PASTORE TURKMENO
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06/09/2010 - Abruzzo - Alla ricerca dei cani da lupi ''nostrani''.



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IL TURKMENO - www.pastoredellasiacentrale.com - 349 33 35 668

 

Io non sono un grande cultore del cane da pastore abruzzese (un tempo chiamato Mastino Abruzzese), oggi catalogato dall’ENCI come cane Pastore Maremmano-abruzzese, né tanto meno potrei distinguerne uno originale da un altro meticcio, ma erano ormai alcuni mesi che sentivo lo stimolo di volermi recare in Abruzzo per conoscere la realtà sui pochi cani che lavorano ancora al fianco dell’uomo per la  custodia  dei greggi.

A dire la verità ho anche in progetto la stesura di un libro che narrerà molte delle mie esperienze vissute, durante i miei viaggi-studio in tutto il mondo, a contatto con i cani da pastore di vario tipo, quindi non poteva sicuramente mancarmi un’informazione “dalla fonte” sul Re dei cani da pastore “nostrani”, esperienza risultata affascinante e che vorrò ancora approfondire il prossimo anno.

Sono ormai molte le fonti che ipotizzano la provenienza del vecchio “mastino” abruzzese dall’antico cane da pastore dell’Asia centrale, tant’è vero che tutti i pecorai di quella regione parlano di cani, posseduti un tempo e ormai praticamente scomparsi, molto forti contro il predatore e di colore bianco e nero o bianco e grigio, quindi molto diversi da quelli completamente bianchi, riconosciuti come appartenenti oggi alla razza dell’attuale pastore maremmano-abruzzese. (Ma con ciò non voglio dar adito ad alcuna disquisizione sulla storia o aspetti morfologici di un cane che non conosco, oltre a non essere mai stati questi gli argomenti che hanno motivato i miei studi e ricerche in merito, quanto invece il lavoro che realmente il cane è in grado di svolgere al fianco dell’uomo impiegato nelle specifiche funzioni).

Io ragiono in modo molto semplice e concreto: secondo me, un buon cane da pastore deve amare profondamente  il gregge tanto da opporsi ai predatori con tutto il coraggio necessario come un buon cane da guardia deve amare la sua famiglia ed opporsi con determinazione agli estranei, va fatta una selezione specifica a seconda degli impieghi e se si vogliono ottenere entrambe le prestazioni dallo stesso soggetto si rischierà di ottenerne mediocri risultati (infatti nessuno di questi cani AUTENTICI cani da pastore ha dimostrato grande interesse nell'opporsi a noi che entravamo nel loro territorio (sicuramente se ci fosse stato un cane lo avrebbero attaccato immediatamente), il resto la considero “fantacinofilia” che lascio volentieri ad altri appassionati.

 

In occasione della mia breve vacanza in Salento, dove vivono gli amici Rocco e Chiara, già proprietari di NUR un mio giovane maschio da lavoro che ormai da tempo si dimostra un temibile guardiano “adolescente” e l’ultimo arrivo di Kora una femmina che gli farà compagnia, ho deciso di fermarmi un paio di giorni in Abruzzo per incontrare alcuni fra i pochi e vecchi pastori ancora rimasti nella zona: autentici uomini che combattono da sempre contro lupi ed orsi che spesso gli sottraggono i loro capi di bestiame.

 

Due giorni sono assolutamente insufficienti per fare uno studio approfondito sulla situazione locale anche se la mia ricerca è stata molto agevolata grazie alla collaborazione di alcuni amici del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza di Roccaraso che ormai da tempo sono proprietari di alcuni dei miei cani selezionati per la guardia alla proprietà. Anche in Abruzzo, come in Transilvania o in Asia centrale mi sarebbe stato assolutamente impossibile raggiungere certi personaggi senza la collaborazione di chi conosce in modo dettagliato il territorio e le persone che ci vivono: i pastori non sono come gli allevatori che è facile trovarli in bella vista su siti e riviste cinofilie! Anche se loro rimarranno sempre i più grandi esperti vista la storica esperienza diretta sulla realtà del cane e del lupo, purtroppo rimarranno sempre il soliti ignoti in quanto nella cinofilia moderna funziona così.

 

Devo quindi un ringraziamento di cuore agli amici Mauro, Emidio e Franco che per semplice passione hanno impiegato il loro tempo libero fra un servizio e l’altro per accompagnarmi, con i loro fuoristrada, fra le montagne del Parco Nazionale della Majella e quello del Gran Sasso e Monti della Laga alla ricerca di cos’è ancora rimasto di quella storia antica ed originale.

 

In questa mia prima ricerca ho avuto l’occasione di incontrare due personaggi molto significativi di quelle terre ed ai quali ho potuto rivolgere svariate domande assimilandone le loro preziose risposte con attenzione, tutte concordi per entrambi tranne qualche piccolo dettaglio.

 

Nella prima giornata di lavoro ho avuto l’occasione di intervistare il pastore Di Sanzio Bruno di Bugnara ed ascoltare tutti i nostalgici ricordi su “LEONE” un suo mitico mastino abruzzese bianco e grigio, forte e coraggioso come non ne ebbe mai più in futuro, le sue avventure contro i lupi e la “grazia ricevuta” per essersi salvato da un attacco dell’orso.

Bruno è una persona molto semplice ma “VERA” dalla quale traspare un autentica passione per il suo lavoro ed un particolare amore per i suoi cani, produce del formaggio di altissima qualità che vi raccomando sicuramente di acquistare se doveste passare da quelle parti. Nei suoi racconti, che narrerò meglio nel mio prossimo libro, ho intuito autentica competenza cinofila acquisita sul campo di uomo che ha vissuto una vita affrontando ogni tipo di avversità quotidiana, non dimenticherò mai la sua simpatica esclamazione: “I cani grossi sono solo buoni per dormì, cosa conta è la voglia che hanno di lavorà con le pecore e far qualcosa per non farle portà via!”. Teoria che ebbi modo di sentire molte volte, ovviamente espressa in altri termini, anche dai lontani pecorai dell’Asia centrale.

Avevo saputo  da uno dei ragazzi del Soccorso Alpino che Bruno possedeva un antico collare in ferro con le punte, utilizzato per proteggere i cani contro i micidiali attacchi del lupo. Ad un certo punto gli chiesi di mostrarmelo e Bruno ordinò al nipotino di andarlo a prendere in cantina. Dopo poco tempo il bambino tornò tenendolo fra le mani e lo posò sul tavolo. Tutti notammo che si trattava di un arnese veramente antico, costruito a forgia: ovvero battendo il ferrò rovente sull’incudine e senza l’ausilio di nessuna saldatura. Lo guardai con ammirazione e gli chiesi se me l’avesse venduto visto il mio grande desiderio di averlo fra i reperti di tutti i viaggi studio fatti per il mondo. Qui scattò la vera sensibilità spontanea che solo chi ha vissuto una vita fra gli animali può aver acquisito, Bruno guardò il nipote e disse: “Che facciamo, glielo damo a sto signò?”. Il bimbo sorrise e lui mi disse: “Questo aggeggio è molto vecchio, ha sicuramente più de cinquant’anni, io te lo voglio regalà ma dovrai dire a tutti che l’ha portato per molti anni il mio LEONE, il più grande cane da pastore di tutti i tempi!”.

Inutile spiegare la mia gioia di poter possedere quell’antico collare di così alto valore storico e culturale, testimonianza di tante battaglie avvenute in quelle montagne fra i predatori ed i cani di un tempo che si scontravano ogni giorno per contendersi l’importante patrimonio animale. Gli uni per sfamarsi e gli altri per amore del padrone e per qualche misera razione di pane e qualche scarto di carne.

Poi lasciammo la casa di Bruno e a bordo di un buon fuoristrada, dopo una salita di circa un’ora fra strade sconnesse e pietraie, raggiungemmo il suo “stazzo” in altura, ovvero il ricovero dove il pastore raduna ogni sera le sue pecore (circa 900) per poi ricoverarle e meglio proteggerle la notte.

Lì incontrammo alcuni esemplari di cane da pastore abruzzese, non so quanto conformi all’attuale morfologia promossa dagli intenditori di razza ma sicuramente abilissimi lavoratori dotati di un fascino irresistibile (particolarmente uno ancora molto giovane ma con una struttura e carattere da vero guerriero). Come ci videro ad arrivare iniziarono a correrci incontro frapponendosi fra noi ed il gregge custodito. Abbaiavano con foga, giravano attorno alla nostra auto dimostrando il loro disappunto anche se poi non appena ci fermavamo e simulavamo di uscire dall’auto si allontanavano abbaiando senza dare accenni di esagerata aggressività nei nostri confronti. Quindi ottimi cani da pastori senza dimostrarsi pericolosi per l’estraneo che fosse passato inavvertitamente da quelle parti.

Una serata inconfondibile nel cuore dell’Abruzzo più selvaggio con paesaggi e sfumature sicuramente degne di alcuni scenari che incontrai nel lontano Tajikistan.

 

A Bruno ho fatto una promessa che manterrò sicuramente, non appena disporrò di una cucciola che dimostrerà molta dominanza sugli altri cani e moderata diffidenza dall’uomo vorrò regalargliela affinché possa crescere fra quei pascoli e svolgere il suo lavoro primario di custode di greggi, …staremo a vedere come se la saprà cavare fra quei maestri del gregge!

 

Il secondo giorno invece mi recai all’Aquila dove abita Franco, un finanziere che da tempo possiede un mio buon maschio di cane da pastore dell’Asia centrale selezionato per la guardia alla proprietà e con il quale avremmo poi raggiunto insieme alcuni pascoli sulle alture del Parco del Gran Sasso e dei Monti della Laga.

II maschio di Franco, che lui chiama “Mauro” in ricordo di un vecchio mastino Abruzzese che ebbe da ragazzo e che portava lo stesso nome (..e forse anche per “canzonare” l’amico Mauro che fece da suo tramite quando ci conoscemmo e gli cedetti il cane) ha circa 3 anni ed ha un carattere molto duro da vero guardiano. Vista l’ancor situazione precaria di quella famiglia, anch’essa vittima del recente disastroso terremoto locale, è ancora detenuto ad una catena che scorre su un lungo cavo d’acciaio fissato a due alberi, è comunque molto amato da quella famiglia che presto inizierà la recinzione della nuova casa edificata dove potrà correre liberamente giorno e notte. Mauro è completamente ostile a chiunque voglia avvicinarsi a quella splendida casa in legno, appena costruita con tanti sacrifici e lo dimostra senza mezzi termini. La stessa famiglia mi ha confermato quanto sia cambiato il carattere di quel cane da quando è stato trasferito dal suo vecchio ricovero in campagna dove era cresciuto fin da piccolo. Laggiù si occupava semplicemente di custodire alcuni animali in un vecchio casolare e restava solo ogni notte, oggi ha invece raggiunto il suo massimo scopo, ovvero vivere tutto l’anno con i suoi padroni da amare e proteggere, quindi come tutti gli “Asia centrale” è un cane felice ed orgoglioso delle sue funzioni che svolge ad ottimi livelli.

 

Partimmo quindi per la zona di San Franco dove ci stava aspettando Pesce Antonio il secondo autentico pastore che avrei intervistato, grazie alla nostra introduzione dei nipoti Ida e Santino.

Antonio è il “Patron” indiscusso di quelle montagne, conosce ogni centimetro quadrato di quei pascoli dove oltre ad un vasto gregge dispone anche di un numeroso branco di cavalli che vive tutto il giorno in libertà, brucando l’erba in uno scenario strabiliante. Da quelle cime è possibile ammirare un paesaggio incantevole.

 

Quel giorno era domenica e per  Antonio un raro giorno di festa e di parziale riposo, in quanto si stava occupando di preparare con la moglie un  pranzo per numeroso amici, abruzzesi purosangue, che spesso lo raggiungono per fargli visita e respirare un po’ di aria pura. Il gregge pascolava in vista e spesso lui ordinava ai cani da conduzione di spostarlo in alcune zone meglio indicate  e meno predisposte agli attacchi dei lupi. E’ da lui che ho imparato che il lupo non attacca mai quando fa caldo per il sole in quanto preferisce restarsene all’ombra nel bosco ed attendere altri momenti quando scende la penombra o inizia a scendere la nebbia. Quindi in quel giorno particolarmente soleggiato le pecore avrebbero potuto brucare in zone anche più nascoste e con la sola protezione dei suoi cani da pastore.

 

Incitato più volte dalla nipote Ida, anch’ella grande appassionata di cavalli e gelosa di quelle terre, Antonio si è messo generosamente a nostra disposizione per risponderci a tutte le domande che volevamo porgli.

Da uomo che ha passato tutta la vita con gli animali, abbiamo concordato facilmente su quanto stiano ormai degenerando i vecchi principi di gestione dei cani, quale disastro genetico abbia condotto la selezione degli animali ormai solo più orientata alla bellezza e non al lavoro, i problemi dell’ormai insuperabile burocrazia italiana che sta mettendo in ginocchio anche chi voglia lavorare in quel settore che andrebbe invece conservato e stimolato oltre alla nuova strategia dei veterinari sempre più rivolta a produrre denaro e non ad aiutare chi con gli animali ci lavora da generazioni.

 

Mi ha raccontato svariate avventure passate nella sua vita di pastore a combattere contro i lupi, teorie e pratiche affinate con autentica esperienza maturata in lunghe e dure giornate di lavoro, anche alcune di queste faranno parte del mio prossimo libro sui cani da pastore.

Poi è arrivata l’ora di pranzo ed Antonio ci ha invitati allo stazzo dove stava cuocendo una pecora sul fuoco e la moglie aveva appena preparato alla “moda antica”  la tipica pasta in casa a base di sole uova e farina, inutile dire che il sapore era ai vertici della più raffinata cucina italiana.

 

Il nipote Santino mi volle mostrare 3 cuccioli di cane da da Pastore Abruzzese che una femmina, in quel momento già al lavoro con il gregge, stava ancora allattando, Antonio li teneva ancora chiusi nell’ovile per evitare che potessero seguirla per poi perdersi lungo la strada. I piccoli, oltre ad essere di una bellezza incantevole, dimostravano già una rusticità fenomenale e spontanea diffidenza nei confronti dell’estraneo. Antonio sperava di poterli inserire presto fra i suoi “operai” anche se per passare l’esame di buoni cani da pastore avrebbero dovuto dimostrare vero amore per le pecore e poca aggressività nei confronti degli estranei. Se avessero dimostrato troppo coraggio e sfrontatezza contro le persone, lui li avrebbe scartatati in quanto non affidabili da lasciare liberi fra i pascoli.

 

Ecco perché un cane da pastore va selezionato appositamente per la guardia se si vogliono raggiungere soddisfacenti risultati nella custodia REALE della proprietà privata, molti pastori  scartarono sempre nei secoli quei soggetti che attaccavano l’uomo in quanto fonte di inevitabili grattacapi durante il lavoro quotidiano.

 

Qualcuno disse ad Antonio, scherzando, di vendermi “salatamente” uno di quei maschietti che più volte presi in braccio per ammirarne la sua autentica bellezza, (sembrava anche lui una pecora!).  E lì venne fuori una frase di autentico pastore, ormai allegro da qualche buon bicchier di vino: “ Noi non avemo bisogno dei soldi per viver bene, a noi serve solo la compagnia degli amici!”.

E’ stata una giornata in allegria dove abbiamo goduto il sapore dei vecchi tempi quando tutto era più semplice e genuino.

 

Lorenzo un pro-nipote di Antonio si sellò un cavallo e parti con alcuni ragazzini per una passeggiata fra quei pascoli e vedendoli presi da quell' entusiasmo mi sono chiesto: “Chissà cosa ci sarà fra cinquant’anni in queste montagne: pastori virtuali con pecore cibernetiche. gestite da cani elettronici o qualcuno avrà saputo conservare qualcosa di autentico?!”.

 

Mi preme precisare una lamentela che ho rilevato da quasi tutti i pastori intervistati in varie parti d’Italia, compreso il Piemonte dove ho la residenza.

 

“Fino a qualche anno fa il lupo era praticamente scomparso sia sugli Appennini che sulle Alpi, oggi ha avuto un improvviso ritorno voluto dagli ambientalisti ma siamo convinti che sia stato reintrodotto artificialmente con  soggetti allevati in cattività e forse di diversa origine da quello autentico e nostrano.

Noi non siamo preparati a questo disagio che si somma a tante altre difficoltà già esistenti per chi ha scelto di rimanere in montagna, gli autentici cani da pastore di un tempo si sono ormai estinti in quanto nessuno non ne sentiva più la necessità. Quelli che attingiamo attualmente dagli allevamenti moderni hanno ormai perso i veri ceppi dei cani da lavoro. (Alcuni pecorai del Piemonte lamentano che quelli regalatigli dalla Regione non solo non sanno sorvegliare le pecore ma non hanno nemmeno la volontà di stare vicino alle pecore preferendo stazionare invece vicino ai rifugi, ristorante o alberghi per farsi coccolare dai turisti ed in attesa di qualche bocconcino prelibato)

Ultimamente il lupo ci attacca anche altri capi di bestiame tipo i puledri ed vitelli che pascolano senza cani da protezione e quindi più facilmente aggredibili mentre  il contributo promessoci dalla Regione per ogni capo predato è di difficilissima riscossione.

Continuano a prenderci in giro dicendo che il lupo attacca solo quando ha fame uccidendo al massimo uno o due capi per lo stretto necessario, invece noi sappiamo da sempre che il lupo fa strage di molte pecore tutte insieme semplicemente per un suo istinto naturale. Ci vogliono far credere che si tratta di cani inselvatichiti ma noi sappiamo distinguere molto bene le uccisioni del lupo, inflitte alla gola da un solo morso da quella dei cani che lacerano la preda in più parti del corpo.

Chi ha pensato di reintrodurre questa tipologia di  lupo, che ha poco a che a vedere con quello selvatico di un tempo, doveva anche pensarci a mantenerlo per i primi anni e non lasciare a noi questo onere. Quest’ultima tipologia di lupo non è sufficientemente selvatico per poter cacciare la selvaggina che si trova nei parchi quindi non ha scelta di riversarsi sui nostri animali.

Vengono spesi molti soldi per la propaganda sul lupo mentre a  noi che ne siamo i diretti interessati non viene dato alcun sostegno reale.

(..e questa è solo una parte di ciò che raccolgo abitualmente dai pastori sparsi per le montagne).

 

Io non so se queste dichiarazioni siano tutte veritiere e non sono interessato ad approfondire l’argomento in quanto non faccio il pecoraio ma, da amante del lupo, in quanto progenitore di tutti i nostri cani, credo sia urgente un accordo fra Stato ed i pochi personaggi ancora rimasti ai disagi della montagna, viceversa presto non ci saranno più né lupi, né cani, né pastori sui nostri pascoli italiani.

PASTORE DELL'ASIA CENTRALE CON PEDIGREE
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